Robert Carsen: « Il mio Julius Caesar, Shakespeare in giacca e cravatta»- Corriere.it

2022-10-08 21:03:07 By : Mr. Martin King

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L’apertura dell’Opera di Roma: corruzione e interessi personali ieri come oggi

C’è il Senato della Repubblica in una parziale riproduzione. Nessuna vestigia della Roma che fu. L’apertura dell’Opera di Roma avviene sabato sera con Julius Caesar di Giorgio Battistelli. Spettacolo immerso «in una sorta di terra di nessuno». Così dice il regista Robert Carsen. «Questo non è il mio Giulio Cesare. Io cerco di seguire Shakespeare, ma per un pubblico moderno. Non ho pensato un secondo di mettere i costumi dell’epoca, sarebbe stato grottesco, ridicolo. Nel mondo contemporaneo i politici vestono in giacca e cravatta. Ed è una musica scritta oggi». Ultima produzione come direttore musicale per Daniele Gatti (da 0ttobre ’24 ricoprirà lo stesso ruolo a Santa Cecilia, oltre al lavoro al Maggio). Il cast è di giovani cantanti inglesi. Una scrittura densa, cupa, dal canto allo Sprechgesang , il parlato ritmico.

È soltanto la seconda volta che questo teatro apre con la musica di un autore contemporaneo, dopo Le maschere di Mascagni, nel 1901. Qui poi c’è un grande condottiero, il simbolo del potere imperiale di Roma (il libretto di Ian Burton è in inglese, i nomi dei personaggi sono in latino, come in Shakespeare). Accanto a Cesare i cospiratori e il popolo; unica figura femminile Calpurnia: invano mette in guardia suo marito dall’andare in Senato. Ma quali sono, in uno spettacolo lirico, il «comune sentire» tra antico e moderno? Il regista parla di «un sistema politico non sempre chiaro, come il nostro»; di ambizioni scaturite «da interessi personali, come avviene oggi» mentre invece i cospiratori dicono: abbiamo ucciso Cesare per il bene di Roma. Ma ci credono davvero? Forse soltanto Bruto. La vera tragedia è la sua, il suo dilemma».

E ancora, nel parallelo storico,giocano un peso «la corruzione» , o la presenza di despoti che reclamano il potere assoluto: in Russia, in Corea, in Cina dove Xi ha appena rivendicato il mandato a vita, «e purtroppo in tanti altri paesi. Shakespeare era affascinato dalla politica, ne vedeva i danni, il pericolo del dispotismo». Lo raccontò nelle sue tragedie, mentre in Inghilterra governavano Elisabetta I e in seguito re Giacomo. «Ma mentre nel Riccardo III buoni e cattivi si distinguono, qui c’è confusione e ambiguità, perché i senatori assassini dicono di agire per il bene di Roma». I drammi del Bardo su re e politici iniziano con l’alba di un nuovo giorno: «Ci si deve chiedere se domani sarà diverso da oggi, è questo il paradosso della situazione. Shakespeare sapeva usare l’ironia… E poi trovo interessante che la trama contrapponga arte e politica, considerando cos’è l’arte della politica». L’omicidio avviene alla fine del primo atto. Ne secondo Cesare apparirà nel libretto come un fantasma. E giungerà la sua vendetta. La guerra civile è alle porte. «Ma è un dramma psicologico più che d’azione». Il complotto viene ordito quasi all’inizio.

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