Come individuare alla poltronale problematiche logopediche

2022-10-09 11:04:41 By : Mr. Mike Xu

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Per la logopedista Stefania Pescantini è importante individuare le problematiche di natura logopedica a qualsiasi età si presentino, per evitare o modificare il loro impatto sull’apparato stomatognatico e sulla qualità di vita del paziente

C’è una stretta connessione tra odontoiatria e logopedia e le visite dentistiche possono essere la prima sede di riscontro di alcune problematiche logopediche: odontoiatri e igienisti dentali dovrebbero allora focalizzarsi anche su questo tipo di indagine. A spiegarlo è stata la dottoressa Stefania Pescantini, logopedista ed ex igienista dentale, in un webinar della sezione milanese del Cenacolo odontostomatologico italiano.

L’odontoiatria interviene sulle patologie a carico dei tessuti duri e molli del cavo orale sotto il profilo della funzionalità biologica. La logopedia invece, per quanto riguarda le funzioni orali (deglutizione, fonazione, articolazione, respirazione e postura a riposo), valuta lo stato e il funzionamento fisiosologico e, in caso di disfunzioni, lavora in team con l’odontoiatra e altri professionisti. Oltre a questo la logopedia si occupa, coinvolgendo persone di tutte le età, di attuare programmi di prevenzione, valutazione e cura delle problematiche inerenti linguaggio, comunicazione e apprendimento scolastico. «Il paziente logopedico non è solo il bambino dai 5 ai 15 anni come si è soliti pensare; può essere una persona di qualunque età, dalla nascita fino agli ultimi giorni di vita – spiega la dottoressa Pescantini –. Si pensi ad esempio a un adulto colpito da ictus cerebrale il cui linguaggio viene inficiato dalla lesione ischemica, a un anziano disfagico, a un cantante professionista, a chi ha patologie della voce, a chi ha sordità di vario tipo, a un neonato prematuro, con labiopalatoschisi o il frenulo linguale alterato, oppure a chi balbetta. Sono tutti pazienti che difficilmente hanno tra i 5 e i 15 anni». Quando un paziente presenta uno squilibrio muscolare oro-facciale, le funzioni orali non vengono svolte correttamente ed è quindi necessario l’intervento logopedico. Le cause che portano a sviluppare questo squilibrio sono soprattutto la presenza di deglutizione disfunzionale, sviluppo non fisiologico delle strutture cranio-facciali, frenulo linguale alterato (non correttamente sviluppato), disfagia, respirazione di tipo orale e vizi orali.

Deglutizione disfunzionale La deglutizione fisiologica è un’azione che avviene, per la maggioranza delle volte, a livello inconscio (tra le 1.200 e le 2.000 volte al giorno), coinvolgendo diverse strutture miofacciali tra cui muscoli facciali come il massetere, il muscolo temporale, i muscoli del collo e della lingua, che agiscono simultaneamente per far sì che possa avvenire il movimento peristaltico che permette di inghiottire saliva e alimenti di diverse consistenze in modo efficace ed efficiente. Una cinetica deglutitoria errata può essere individuata attraverso l’osservazione di alcuni segnali mentre il paziente è seduto alla poltrona. Come spiega l’esperta, è importante osservare se durante la deglutizione la lingua del paziente spinge verso i denti o addirittura si inserisce tra le arcate anziché spingere verso il palato; se durante la deglutizione il muscolo mentoniero e/o le labbra sono contratti; se il paziente presenta facies adenoidea; se non riesce a portare la punta della lingua verso l’alto al di fuori della rima labiale; se la punta della lingua protrusa presenta una forma a cuore; se la postura linguale a riposo non è appoggiata al palato; se nonostante una buona igiene orale domiciliare il paziente presenta comunque grossi accumuli di placca nei settori anteriori. «Se è presente uno o più di questi segnali, molto probabilmente il paziente presenterà una deglutizione disfunzionale – afferma la logopedista –. Questa disfunzione, se non trattata e corretta, porta allo sviluppo di problematiche odontoiatriche come open bite, overjet aumentato, recidive ortodontiche, fallimenti implantari, diastemi e mancato successo della terapia parodontale dovuto alla continua spinta della lingua sui denti». La deglutizione disfunzionale può essere indotta da alcuni comportamenti non idonei che vengono perpetrati nel tempo come la suzione del dito nei bambini, la permanenza di una deglutizione infantile oltre i 6 anni di età, l’utilizzo di ciuccio e biberon oltre il tempo massimo consigliato; oppure da motivazioni anatomiche come un frenulo linguale alterato, alcune patologie ostruttive delle vie aeree nasali, un palato ogivale, l’ipotonia linguale, la macroglossia.

Disfagia La disfagia è qualsiasi sintomo soggettivo o rilevabile dal professionista che concerne una difficoltà/impossibilità deglutitoria di alcune consistenze che possono così finire nelle vie respiratorie anziché nel tratto digerente, rischiando di provocare complicanze di varia gravità. La più temuta è la polmonite ab-ingestis, un’infezione polmonare dovuta proprio alla migrazione di batteri dall’orofaringe in sede polmonare a causa di una mala deglutizione che, anziché convogliare il cibo in esofago, lo convoglia in trachea e infine ai polmoni. Questa complicanza è una delle prime cause di morte nelle strutture di ricovero per anziani. Il paziente disfagico fatica a deglutire soprattutto quegli alimenti che presentano una doppia consistenza liquida e solida (come le minestre), consistenze filamentose e alimenti a consistenza esclusivamente liquida. Come riporta la logopedista, in questo caso la spia d’allarme che si può osservare alla poltrona è la presenza di tosse non appena viene immessa un po’ di acqua in bocca, proveniente ad esempio dai manipoli odontoiatrici, oppure la frequente necessità di sciacquare la bocca. Dal punto di vista odontoiatrico ci sono alcuni accorgimenti per aiutare il paziente disfagico ad affrontare al meglio la seduta, ovvero «azioni volte a proteggere l’epiglottide, come far assumere una posizione di sicurezza tenendo il capo basso verso lo sterno, non reclinare eccessivamente lo schienale della poltrona e non toccare zone trigger come i pilastri tonsillari, i margini linguali posteriori e il dorso linguale» ha suggerito Stefania Pescantini.

Frenulo linguale Un’altra struttura anatomica delicata dal punto di vista logopedico è il frenulo linguale. Un frenulo normosviluppato riesce a svolgere correttamente la sua funzione, collega la parte ventrale della lingua al pavimento della bocca e generalmente è visibile dalla parte inferiore della lingua alle caruncole salivari. I frenuli che invece richiedono una terapia specifica sono quelli dove la mobilità della lingua risulta compromessa e il soggetto può sviluppare problemi legati alla deglutizione e alla fonazione (molto comune in questi pazienti è la presenza di rotacismo). Per esempio una condizione in cui il frenulo non è presente o c’è ma è molto ridotto oppure è attaccato all’apice della lingua limitandone i movimenti, è l’anchiloglossia, che può essere riscontrata anche alla nascita, rendendo difficile la suzione dal seno da parte del neonato. Il frenulo anteriorizzato si presenta invece con un’inserzione non canonica tra il terzo medio e l’apice linguale del ventre linguale, mentre il frenulo corto ha le stesse inserzioni del frenulo fisiologico ma è più corto, a tal punto da inficiare la funzione linguale; infine il frenulo corto e anteriore è la combinazione di un frenulo corto e anteriorizzato.

«Le cause dello sviluppo di un frenulo alterato non sono ancora del tutto conosciute – ha detto Stefania Pescantini alla platea di odontoiatri e igienisti dentali – anche se si sospetta un’anomalia anatomica congenita e non è insolita la sua ricorrenza nella storia genetica della famiglia; colpisce maggiormente i soggetti di sesso maschile e la prevalenza non è ancora del tutto chiara: nella popolazione generale è tra lo 0,1 e il 12%, dipende dalla classificazione utilizzata». I criteri diagnostici per valutare un frenulo disfunzionale sono lunghezza, posizione di attacco e impatto funzionale durante le dinamiche orali, fonatorie, prassiche, deglutitorie e masticatorie. Dato che il frenulo linguale è composto principalmente da collagene non elastico, non si può allungare con esercizi di stretching ma è per forza necessario l’intervento chirurgico. In ogni caso la chirurgia viene intrapresa solamente se c’è un reale impatto funzionale per l’individuo e comunque «deve essere sempre seguita da sedute di logopedia per evitare una recidiva o una cicatrizzazione errata del frenulo linguale» ha precisato la logopedista.

Scialorrea Un altro segnale che dovrebbe far sospettare la presenza di una disfunzione orale è la scialorrea, ovvero una difficoltà nella gestione della quantità di saliva da parte del paziente che lo porta ad avere delle fuoriuscite dal cavo orale, chiamate sbavature. La scialorrea può derivare da alcune patologie tra cui ad esempio sclerosi laterale amiotrofica (Sla), sclerosi multipla, malattie neurodegenerative e demenza. Possono inoltre presentare scialorrea pazienti con respirazione orale, ipotonia miofacciale, deglutizione disfunzionale. Le sbavature possono essere anteriori, visibili, o posteriori, non visibili. Alcuni segni clinici visibili delle sbavature anteriori sono le irritazioni della pelle e delle zone peri-orali, oppure la difficoltà nel parlare; invece nelle sbavature posteriori c’è il rischio di aspirazione, con possibili complicanze respiratorie e infezioni polmonari.

Respirazione orale e vizi orali Altri due aspetti importanti da osservare sono il tipo di respirazione assunta dal paziente e l’eventuale presenza di vizi orali. Come ha spiegato l’esperta, viene definita “respiratrice orale” una persona che respira attraverso la bocca per almeno l’80% del tempo. Il respiratore orale può spesso andare incontro a secchezza delle fauci. Come noto la respirazione corretta è quella nasale, dove l’aria viene umidificata, riscaldata e purificata da possibili microparticelle irritanti; la respirazione nasale inoltre è una funzione orale fondamentale per lo sviluppo e la crescita adeguata del complesso cranio-facciale. Le cause della respirazione orale possono essere sia endogene, sia esogene. Tra i fattori endogeni ci sono alcune sindromi genetiche che comportano macroglossia, alcune patologie a carico del sistema respiratorio come la fibrosi cistica e la Bpco, le riniti allergiche o l’asma, la presenza di vie aeree strette, l’ipertrofia adenotonsillare, le deviazioni del setto nasale, i polipi nasali e l’ipertrofia del turbinato nasale. Tra i fattori esogeni troviamo alcuni eventi traumatici che vanno a ostacolare il flusso d’aria durante l’atto respiratorio e il fumo di sigaretta. «Odontoiatri e igienisti dentali possono riconoscere pazienti possibili respiratori orali attraverso l’osservazione delle seguenti caratteristiche: presenza di malocclusioni (palato stretto, morso inverso, iperdivergenza della mandibola, tendenza al morso aperto), cheiliti angolari, ipotonicità dei muscoli facciali, disturbi respiratori del sonno e aree cianotiche suboculari – ha detto la dottoressa Pescantini –. Dal punto di vista strettamente logopedico la respirazione orale comporta una postura linguale bassa non fisiologica, una deglutizione disfunzionale e una postura anomala, con il capo inclinato eccessivamente in avanti rispetto al busto per facilitare l’afflusso d’aria».

Valentina Viganò Giornalista Italian Dental Journal

LA PRONUNCIA DEI SUONI NEI BAMBINI_Nell’articolazione delle parole i vari fonemi della lingua italiana dovrebbero essere tutti pronunciati correttamente intorno ai 4 anni di età, per cui se ci si rende conto che nel linguaggio del bambino manca qualche suono, o che capire il suo eloquio è davvero difficile, è bene inviarlo dal logopedista. «Per esempio alcuni suoni, in particolare la s e la r, possono essere presenti ma pronunciati in modo errato, causando la r monovibrante e la s interdentalizzata – spiega la logopedista Stefania Pescantini –. Anche i suoni c dolce e gl sono spesso pronunciati non adeguatamente». Grazie però a un intervento logopedico specifico si può ottenere una prognosi molto favorevole. Attraverso un trattamento riabilitativo personalizzato a seconda del caso, il bambino apprenderà prima di tutto a discriminare i fonemi a livello percettivo, per poi passare alla produzione dei singoli suoni imitando l’esatto schema articolatorio, infine approderà all’articolazione corretta e automatizzata dei fonemi all’interno di parole e frasi.

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