Processionaria, il defogliatore silenzioso che sta infestando i boschi della Sila - QuiCosenza.it

2022-10-13 06:42:30 By : Ms. Nicole He

Lotta, metodi e interventi spiegati, dal professore Vincenzo Palmeri, docente di Entomologia Forestale dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria, consultato dall’Ente Parco della Sila

SAN GIOVANNI IN FIORE (CS) – Sta assumendo i contorni di una vera e propria emergenza. I boschi della Sila sono letteralmente invasi con centinaia di piante vistosamente defolgiate. Il Thaumetopoea pityocampa, conosciuto come la temibile “Processionaria del Pino” per il modo di procedere in fila indiana una volta fuori dal nido formando una sorta di “processione”. Le larve attaccano principalmente gli alberi di pino, ma anche larici o abeti. Su questi alberi formano degli inconfondibili e voluminosi nidi. Le larve sono pericolose per l’uomo, addirittura mortali per gli animali, per il cane in particolare. Diffusa nelle regioni temperate del bacino del Mediterraneo (Europa meridionale, Medio Oriente e Africa settentrionale), predilige particolarmente le alberature stradali e le piante marginali delle formazioni boschive. Nei nostri ambienti trova l’optimum sinecologico, che gli consente di estrinsecare al meglio il proprio potenziale biotico

Le larve mature , una volta raggiunto il terreno, si interrano a qualche decimetro di profondità) e qui incrisalidano mantenendosi a breve distanza dalle piante che attaccano. Durante i mesi estivi gli adulti sfarfallano e dopo poco tempo avviene l’accoppiamento. A questo punto, il lepidottero vola alla ricerca della pianta più adatta per la deposizione delle uova. Le uova vengono deposte intorno ad una coppia di aghi, il brachiblasto, sulla cima degli alberi, o in intersezioni di rami laterali. La forma del nido invernale è assai distinguibile. Dopo un’incubazione di 10/15 giorni (verso la metà o la fine di agosto), nascono le larve. che cominciano a nutrirsi degli aghi di Pino.

A fronte del pericolo l’Ente Parco ha già incaricato Vincenzo Palmeri, docente di Entomologia Forestale al Dipartimento di Agraria dell’Università degli Studi Mediterranea di Reggio Calabria, di predisporre una relazione sulla problematica in questione. Dopo l’insediamento del Comitato tecnico-scientifico presentato nei giorni scorsi in Cittadella Regionale, siamo andati nei boschi della Sila, precisamente nel comune di San Giovanni in Fiore a documentare il problema ed abbiamo intervistato proprio la massima autorità in merito, il Professore Vincenzo Palmeri entomologo forestale.

L’attacco, specialmente se massiccio, può determinare un notevole indebolimento provocando in alcuni casi anche stress fisiologici alle piante; solo in casi di reiterate defogliazioni per più anni consecutivi queste possono diventare maggiormente recettive ad altri fitofagi (Scolitidi) ed a malattie fungine lignicole (Carie). La presenza di questi fitofagi su piante collocate in parchi e giardini pubblici o privati provoca, oltre al “danno diretto”, anche spiacevoli conseguenze dovute alle larve che, poiché ricoperte da peli urticanti danno luogo a reazioni allergiche di diverso grado; nel periodo primaverile abbandonano i nidi per incrisalidarsi nel terreno; la popolazione che fruisce dei parchi e dei giardini può subire dei danni dal contatto con i peli urticanti sia a livello delle mucose (vie respiratorie e occhi) sia per contatto dermale esterno; essi infatti contengono sostanze che liberano istamina provocando delle infiammazioni e reazioni allergiche soggettivamente anche molto gravi.

Questo è l’aspetto che fa si che tale insetto sia ben noto e puntualmente attenzionato. È nocivo per tutte le specie a sangue caldo, e come detto anche per l’uomo; i danni provocati dal contatto dei peli sulla cute umana, possono essere modesti ma anche assumere notevole gravità. Sulla pelle, che viene a contatto con le setole o i loro frammenti, insorge un molestissimo eritema papuloso, fortemente pruriginoso, che può scomparire dopo qualche giorno; conseguenze ben più gravi si presentano quando i peli, o frammenti di essi, giungono a contatto con l’occhio, la mucosa nasale, la bocca o peggio quando penetrano nelle vie respiratorie e digestive. In queste ultime evenienze soggetti particolarmente sensibili possono incorrere anche in shock anafilattici molto pericolosi

La Processionaria sverna come larva di terza o quarta età, nel vistoso nido costruito spesso in punta, oppure su qualche ramo laterale. In alcuni casi la struttura del nido è così grande da coinvolgere più rami laterali, per la sua estensione longitudinale. II nido è formato da fili sericei che inglobano aghi secchi, escrementi ed altri detriti; l’interno del nido è ben coibentato, da secreti prodotti dalle larve stesse e dai peli da loro liberati, in modo da mantenere la temperatura su valori ottimali alla loro sopravvivenza anche se in ambienti molto freddi, e abbondantemente al di sotto di 0 °C. In annate con inverni miti le larve, nelle giornate soleggiate e più calde, possono uscire dai nidi già quando le temperature raggiungono i 10 °C, e proseguire l’attività trofica già in inverno nutrendosi dei brachiblasti. L’uscita vera e propria dal nido si ha all’inizio della primavera, con le larve che escono prevalentemente di notte; esse si nutrono delle foglie, provocando le defogliazioni descritte. Le larve sono gregarie e si muovono, spesso, in fila indiana, come una processione da cui il nome “Processionaria”.

Queste larve generalmente raggiungono la maturità a fine inverso-inizio primavera; infatti, una volta discese lungo il tronco nelle tipiche processioni, giunte nel terreno vi si interrano (a qualche decimetro di profondità) e si incrisalidano, non distanti dalle piante ospiti.

Gli adulti sfarfallano, a seconda degli ambienti e dell’altitudine, dagli inizi dell’estate a tutto il mese di luglio. A partire da una decina di giorni dopo i primi sfarfallamenti iniziano gli accoppiamenti e le ovideposizioni, nelle classiche ovature a manicotto sui brachiblasti. Ogni femmina ovidepone sulla foglia da 100 a 280 uova. Le giovani larve, in agosto, iniziano la loro attività, scheletrizzando le foglie e costruendo lassi nidi estivi; questi sono costruiti con fili sericei che inglobano rametti con relative foglie. Nei nidi si stabiliscono le larvette che continuano la loro attività trofica in modo gregario, riparandovisi soprattutto di giorno. Alla fine dell’estate, con l’approssimarsi della stagione invernale, le larve iniziano a costruirsi i compatti nidi invernali, in cui sverneranno. Le larve provenienti dallo stesso nido si incrisalidano tutte insieme nel terreno in bozzoli singoli fittamente accatastati l’uno accanto all’altro. La Processionaria può compiere, pertanto, una generazione all’anno che a seguito di fenomeni di diapausa può completarsi anche in più anni (due-tre normalmente).

In Italia a partire dagli anni ’20 la lotta a questo insetto è stata sempre oggetto di direttive che ne hanno reso obbligatoria la lotta, in ultimo il disposto del 1998 che ha ribadito, aggiornandola, l’obbligatorietà nelle aree ritenute a rischio infestazione (cfr. Decreto Ministeriale 17.04.1998, poi abrogato e sostituito con D.M. 30.10.2007, pubblicato. in G.U. 16 febbraio 2008, n. 40).

Tale decreto all’art. 4 sancisce che gli eventuali interventi di profilassi per prevenire rischi per la salute delle persone o degli animali sono disposti dall’Autorità sanitaria competente (servizio Sanitario Regionale – SFR).

Trattandosi di una specie ad altissimo grado di indigenizzazione non è (nonostante la presenza di un vigente Decreto di lotta obbligatoria) immaginabile qualsiasi forma di eradicazione. Escludendo rarissime situazioni contingenti, non è percorribile neanche una soluzione che preveda attraverso l’espianto delle piante ancor quanto numericamente contenute. Il controllo del lepidottero non può che essere basato sull’integrazione di differenti metodi e tecnologie in una logica di controllo integrato. Tali metodologie integrate poggiano su tecniche di lotta meccanica, lotta biologica, microbiologica e biotecnologica e di lotta chimica; tutte le metodologie concorrono al contenimento, estrinsecando efficacia, ma non possono considerarsi in nessun modo risolutive ancorché nell’ambito di un intervento di controllo integrato.

Gli interventi con formulazioni insetticide, in ogni caso, possono solo essere diretti alle larve; il nido, infatti, ha la capacità di neutralizzare l’efficacia del trattamento.

Occorre comunque utilizzare la massima cautela quando si opera specialmente in presenza di larve dal terzo stadio in poi; anche la tecnica dell’eliminazione dei nidi e del materiale, mediante bruciatura, presenta alti rischi in quanto anche i residui carbonizzati risultano ugualmente urticanti; l’esecuzione degli interventi, attese le complicazioni insite, deve necessariamente essere affidato a operatori specializzati oltre che autorizzati. Le metodologie di controllo e integrabili di lotta possono essere riassunte come segue:

“Ribadendo quanto già detto, quando si opera nelle vicinanze delle larve, è necessario coprire ogni parte del corpo (es. con guanti, tute monouso specifiche, occhiali e maschere protettive adeguate) I peli urticanti, infatti, sono molto piccoli e quindi possono essere facilmente trasportati dall’aria ed essere inalati. Una prima tecnica consiste nella raccolta dei nidi definitivi invernali e distruzione delle larve mediante bruciatura; ciò viene fatto tagliando le cime dei rami su cui sono presenti i nidi. L’applicazione di tale metodo è, tra i possibili, quello che presenta i rischi maggiori in quanto i peli urticanti presenti nel nido e sulle larve possano cadere sull’operatore. La raccolta e la distruzione dei nidi deve essere eseguita orientativamente a partire dal mese di novembre e non oltre il mese di gennaio quando cioè le larve sono ancora svernanti all’interno.

Un secondo metodo consiste nel predisporre un sistema di cattura delle larve discendenti in processione per l’incrisalidamento, ciò viene fatto avvolgendo il fusto delle piante con del film plastico (prima della discesa delle larve, che avviene in genere a fine inverno), su cui distribuire uniformemente della colla entomologica; la fascia adesiva deve essere collocata a una altezza di almeno, 2,0-2,5 mt in modo da impedire il facile raggiungimento da parte di bambini e adulti non addetti; se sulla piante sono presenti più nidi definitivi il sistema potrebbe andare in saturazione e potrebbe essere necessaria la sostituzione e il riposizionamento degli stessi più volte durante il periodo delle processioni. Anche queste operazioni sono ad alto rischio e devono essere eseguite rispettando tutte le precauzioni per la sicurezza dell’operatore. In commercio esistono delle trappole basate su tale principio di funzionamento.

La prima tecnica prevede, prevalentemente, l’uso di formulazioni a base di Bacillus thuringiensis (Bt), ssp. kurstaki. Questa tecnica risulta difficile da attuare o molto costosa quando gli esemplari infestati sono di grandi dimensioni o si opera in ambiti di notevole estensione. L’intervento, per garantire la necessaria efficacia, deve essere indirizzato alle larve di seconda età o che non abbiano ancora completato il terzo stadio.

La tecnica biotecnologica prevede l’uso di trappole a feromone sessuale; l’uso di tale tecnica è stata inserita in Italia, immotivatamente, tra le obbligatorietà previste dal Decreto di lotta obbligatoria (D.M. 30/10/2007). Rarissimi sono i contesti in cui l’uso di queste trappole come strumento di controllo può rappresentare un metodo di contrasto efficace al lepidottero. A ogni buon conto qualora si dovesse procedere al loro impiego nell’accezione prevista dal legislatore si dovrà provvedere al posizionamento di un numero adeguato e ciò dovrà avvenire nei mesi di volo degli adulti (giugno, luglio, agosto e settembre); tale periodo è molto ampio ed è condizionato dalle temperature e dall’altitudine. Si deve prestare molta attenzione alla tipologia di trappola utilizzata poiché non tutte sono idonee alla improbabile cattura massale prevista dal D.M del 2007. Si deve comunque prevedere la gestione delle trappole posizionate provvedendo alla sostituzione del dispenser feromonico ogni 3-4 settimane e, nel caso si stia applicando la tecnica della cattura massale prevista dal Decreto Ministeriale, al controllo e allo svuotamento delle stesse ogni 7-10 giorni. Si ribadisce però che tale tecnica inserita tra le pratiche obbligatorie dal D.M. non ha mai avuto alcun riscontro scientifico.

Differente è l’impiego delle stesse trappole finalizzato al monitoraggio della dinamica della specie e dei voli degli adulti. Tale tecnica prevede, infatti il posizionamento di un numero di tali trappole operativamente più gestibile; in tal caso lo scopo unico è quello del monitoraggio e non vuole avere nessuna valenza di controllo dell’infestazione. Si tratta di una metodologia esclusivamente a supporto operativo degli interventi programmati nell’ambito delle strategie di lotta integrata.

Può avvalersi dell’impiego di principi attivi (p.a.) di sintesi. Il loro utilizzo è condizionato dalle normative e dalle specifiche autorizzazioni di impiego; ovviamente grande limitazione viene dal contesto in cui si prevede l’impiego (aree boscate, parchi e aree protette o a diverso grado di urbanizzazione); gli stadi target dovranno essere, così come già detto per gli interventi microbiologici, quelli giovanili del lepidottero per cui la scelta del formulato dovrà ricadere esclusivamente su formulazioni con p.a. ad azione larvicida, preferibilmente dando preferenza alle molecole con ridotto impatto ecologico (es. regolatori di crescita come il diflubenzuron).

Tale tecnica nonché la distribuzione stessa del formulato, così come già detto per quella basata sull’uso di Bt, risulta difficile da attuare o molto costosa quando gli esemplari infestati sono di grandi dimensioni o si opera in ambiti di notevole estensione. I trattamenti con molecole di sintesi possono essere eseguiti, anche mediante endoterapia che consente l’introduzione del formulato sistemico direttamente nel tronco. Tale tecnica, di più facile realizzazione, e per certi versi più economica, richiede necessariamente l’impiego di attrezzature specifiche nonché il ricorso a ditte specializzate.

Il Dipartimento di Agraria dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria, facendo seguito a uno specifico invito da parte dell’Assessore regionale all’Agricoltura, e alla presenza dell’Ente strumentale “Azienda Calabria Verde”, del Parco nazionale della Sila, dell’Uoa Forestazione e dello stesso Dipartimento Agricoltura – SFR sta partecipando a un tavolo tecnico-scientifico finalizzato alla definizione e messa a punto di un progetto di intervento puntuale e finalizzato alla predisposizione di interventi nel brevissimo e breve termine e nel medio e lungo periodo “Personalmente – riferisce il professore palmeri – accompagnato dai responsabili del Parco ho già provveduto a un primo ma esaustivo sopralluogo nei sti da Voi indicati; alla luce di quanto evidenziato, si sta provvedendo alla stesura del Progetto di intervento del quale per ovvie ragioni di sintesi posso anticipare solo una mera e indicativa schematizzazione”.

“Premetto – prosegue il professore – che, le pinete in oggetto, dall’evidenza del sopralluogo, fortunatamente non sembrano tutte infestate in maniera tale da destare ubiquitariamente grande preoccupazione, ma atteso che la cogente normativa richiede un intervento di lotta obbligatoria saranno date indicazioni puntuali e differenziate secondo le differenti esigenze e scenari che si paleseranno”.

In estrema sintesi e a mero titolo esemplificativo saranno definite condotte differenti, a seconda del periodo dell’anno, con criteri diversi tra queste:

In conclusione, tutto quanto succintamente esposto sarà oggetto di valutazioni puntuali che dovranno dare risposte agli specifici scenari che non dobbiamo dimenticare includono areali sia a bassa frequentazione antropica ma anche ad altissima (centri urbani, aree pic-nic, aree ricreative e parchi gioco etc.) molte di queste azioni potranno essere integrazione l’una dell’altra e sinergiche. Ed è questo che, gli Enti che ci hanno coinvolto al tavolo tecnico, ci chiedono di definire con l’urgenza necessaria.

Per il professor Palmeri “le istituzioni con questo progetto vogliano dare una risposta efficace al problema con una gittata di breve, medio e lungo periodo. Il rientro della pullulazione esplosiva della dinamica di popolazione del Lepidottero d’altronde richiederà qualche anno. Ed è questo l’intervallo temporale durante il quale si devono mettere in essere tutti quegli interventi tampone che si stanno programmando. Il monitoraggio nel lungo periodo e la collazione di indicatori di infestazione (fase “gradologica”) del lepidottero sono la base di partenza per una corretta fotografia che consenta velocemente di mettere a fuoco il quadro di dissesto ambientale che porta a situazioni di questo tipo. L’ottica è quella di intercettare, attraverso anche un parallelo approccio scientifico, qual è l’elemento del sistema ambientale che ha attivato il dissesto nella nicchia ecologica che va ripristinato per riottenere il naturale equilibrio omeostatico del sistema. Non è escluso che in alcune realtà possa essere preso in considerazione anche un parallelo intervento con opportune metodiche di lotta biologica e integrata. Penso a metodiche inoculative con Imenottrei ooparassitoidi specifici.

Un’ultima riflessione riguarda il necessario coinvolgimento degli Enti che sottengono agli areali interessati, penso a Comuni, Comunità… che dovranno essere sensibilizzati affinché di concerto diano il loro supporto nel sostegno e nell’attuazione, anche, di una puntuale campagna informativa.

“Il cambiamento climatico e la scarsa considerazione del fenomeno, negli anni, hanno favorito il proliferare della Processionaria del Pino che, oramai, ha invaso la nostra Sila e non solo” afferma il cicesindaco di San Giovanni in Fiore Daniela Astorino. In2sieme alla consigliera Noemi Guzzo, seppur consapevoli del fatto che il problema è di non facile soluzione, con l’aiuto e l’ausilio di diversi esperti in materia, abbiamo deciso di mettere in campo tutta una serie di azioni volte a contenerne la diffusione quantomeno nell’area urbana della Città. Previa emissione di Ordinanza Sindacale con la quale, alla luce del D.M. 30/10/2007, è stato ordinato ai privati cittadini di provvedere alla rimozione di eventuali nidi di Processionaria del Pino presenti nelle aree di loro proprietà, durante i mesi invernali, nelle aree pubbliche urbane di piccole dimensioni, abbiamo proceduto alla asportazione meccanica mediante taglio dei rami infestati; abbiamo inoltre richiesto all’azienda Calabria Verde l’invio di personale specializzato onde intervenire nelle aree pubbliche urbane più vaste ed abbiamo richiesto ed ottenuto dal responsabile locale Arsac n. 80 trappole a feromone che verranno posizionate durante il mese di maggio ossia nel periodo dello sfarfallamento degli adulti di processionaria”.

“Con il supporto di professionisti specializzati, a breve, tramite diretta Facebook, organizzeremo dei Webinar informativi volti a far comprendere ai privati proprietari di aree verdi e comunque a tutti i cittadini, l’importanza della lotta alla processionaria, le problematiche alla stessa legate e le adeguate tipologie di intervento da poter mettere in campo. Evidentemente – conclude – il problema non può essere risolto attraverso le scarse risorse di cui dispone un Comune ed è per questo che, in qualità di amministratori, faremo tutto quanto è in nostro potere  affinché al problema, che deve essere affrontato nel suo insieme, venga posta la massima attenzione da parte di tutti gli attori coinvolti, insieme ai quali, nel minor tempo possibile, bisogna individuare metodi di intervento più incisivi e risolutivi.”

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ll Direttivo dell’Organizzazione di Volontariato “Basta Vittime” si rivolge a Mauro Dolce dopo le dichiarazione rilasciate ai giornalisti nei giorni scorsi

COSENZA – Il Direttivo dell’Organizzazione di Volontariato “Basta Vittime Sulla Strada Statale 106” ha appreso le recenti dichiarazioni dell’Assessore regionale della Calabria alle Infrastrutture Mauro Dolce, rilasciate ai giornalisti a margine di un dibattito organizzato a Lamezia Terme (Catanzaro) da Unioncamere Calabria sul tema delle infrastrutture. La Statale 106 – ha spiegato Dolce – «è una delle priorità, nel prossimo mese tutta la progettazione della parte da Sibari a Catanzaro, sarà completata e portata anche al parere del Consiglio superiore dei lavori pubblici». «Quanto ai tempi, noi abbiamo come prima attività il tratto Crotone-Cutro», circa 10 chilometri di Nuova Statale 106.

Il momento della verità non tarda ad arrivare quando Dolce – in coerenza con quanto affermato di recente dal Presidente della Regione Calabria Occhiuto – afferma che «una volta che c’è la progettazione pronta, saremo in grado di intercettare i finanziamenti che saranno disponibili nel prossimo futuro, speriamo che ce ne siano» ed aggiunge «questo ovviamente non dipende da noi» ma «dal nuovo governo».

Il Direttivo dell’O.d.V. “Basta Vittime Sulla Strada Statale 106” ormai da mesi denuncia annunci e proclami ripetuti da parte del Presidente della Regione Calabria e dell’assessore alle infrastrutture Dolce sostenendo che non vi è alcun investimento previsto sulla Statale 106. Non solo: siamo stati letteralmente “oscurati” ogni qual volta abbiamo denunciato che la “nuova progettazione” era solo uno strumento per sperperare denaro pubblico al solo fine di non fare ciò che concretamente serviva: trovare finanziamenti, anche tramite i fondi del PNRR ed il Fondo di Sviluppo e Coesione. al fine semplicemente di realizzare i progetti che sulla Statale 106 esistono da oltre 20 anni!

Anche in questa sede ricordiamo che il Direttivo dell’O.d.V. “Basta Vittime Sulla Strada Statale 106” ormai da mesi denuncia l’incapacità e l’inadeguatezza dell’attuale dirigenza di Anas Spa in Calabria chiedendone ripetutamente le dimissioni. Il Presidente della Regione Calabria e l’assessore Mauro Dolce dovrebbero chiedere alla Direzione Generale di Anas Spa perché negli ultimi 3 anni sulla famigerata e tristemente nota “strada della morte” non viene realizzata neanche la manutenzione ordinaria e straordinaria e mancano importanti interventi di messa in sicurezza urgente già programmati ed in parte finanziati da anni.

Parliamo dei dirigenti della Struttura Territoriale di Anas Spa in Calabria che insieme al fantomatico “Commissario Straordinario per la Statale 106” Massimo Simonini ormai da anni hanno prodotto solo e soltanto una cosa che è sotto gli occhi di tutti: il nulla più assoluto. Sono gli stessi che quando furono convocati in quarta commissione nello scorso mese di febbraio per essere auditi non si sono presentati dimostrando in modo palese l’assoluta mancanza di autorevolezza e di capacità che manca, in materia di infrastrutture e sulla Statale 106 nello specifico, in seno al Governo della Regione Calabria.

Una Regione Calabria che è totalmente incapace di aprirsi al confronto con quanti possono offrire un contributo di idee e di proposte sulla Statale 106 dimostrando di non possedere conoscenze, competenze e idee. Non hanno visione e, purtroppo, navigano a vista.

Riteniamo, altresì irricevibile il messaggio dell’assessore Dolce secondo cui i nuovi finanziamenti dipenderanno dal nuovo Governo. Perché del nuovo Governo fa parte Forza Italia che qui in Calabria è rappresentata dal Presidente della Regione Roberto Occhiuto il quale, a più riprese, nei mesi scorsi, ha dichiarato che nella prossima legge finanziaria – che verrà ovviamente redatta anche da Forza Italia – avremmo ottenuto 3 miliardi di euro sulla Statale 106. Nella realtà non ci sarà nulla. Anche per questa ragione il Direttivo intende confermare che l’unico obiettivo resta il nuovo tracciato della Statale 106 Crotone – Cutro e per essere realizzato servirà un decennio. E nel frattempo? Lasciamo che altri cittadini continuino a morire sulla Statale 106 senza fare nulla?

Servono interventi urgenti ed immediati di messa in sicurezza e deve essere avviato al più presto un piano di ordinaria e straordinaria manutenzione al fine di intervenire sulle diverse ed innumerevoli criticità al fine di rendere più sicura la Statale 106 esistente: ovvero quella che dovremo percorrere per chissà quanti altri decenni a venire.

Il Direttivo dell’O.d.V. “Basta Vittime Sulla Strada Statale 106” intende, infine, ricordare che nel triennio 2016 – 2018 sulla Statale 106 furono avviati – Bilanci di Esercizio di Anas Spa alla mano – diversi interventi di messa in sicurezza conclusi in tempi rapidissimi, fu regolarmente svolta l’attività di ordinaria e straordinaria manutenzione e furono approvate dal Governo le Delibere CIPE della Nuova Statale 106 in costruzione tra Sibari e Roseto Capo Spulico anche grazie all’ottima interlocuzione tra la nostra Organizzazione di Volontariato e l’allora Presidente della Regione Calabria Mario Gerardo Oliverio e gli assessori regionali Francesco Russo e Roberto Musmanno. Non dimentichiamo che con l’Assessore alle Infrastrutture Roberto Musmanno con la nostra O.d.V. “Basta Vittime Sulla Strada Statale 106” nel novembre 2016 percorse la Statale 106 in auto da Sibari fino a Caulonia. Passaggio che fu propedeutico ad una serie di interventi già completamente realizzati ed altri progettati ed in parte finanziati.

Per questa ragione rivolgiamo pubblicamente l’invito all’assessore regionale Mauro Dolce a percorrere insieme con la nostra Organizzazione la Statale 106: questa volta da Reggio Calabria fino a Catanzaro. Non per discutere con lui lungo il percorso dei progetti già esistenti da circa 20 anni per la Nuova Statale 106 tra Reggio e Melito di Porto Salvo e per parlare del nuovo tratto tra Locri e Ardore o della variante di Caulonia. Perché sappiamo che non saranno realizzati per qualche decennio! Ma per fargli comprendere qual è lo stato comatoso in cui versa la Statale 106 esistente.

Riceviamo e pubblichiamo la denuncia dell’associazione Fuori Binario in merito ad un episodio accaduto oggi alla stazione di Paola

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